La conferenza di Daniele Novara a Salò ha preceduto di un paio di giorni la ricorrenza della “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne“. Un caso. Ma è davvero casuale il nesso fra l’apprendimento di corrette modalità di confronto in situazioni conflittuali e la violenza? Non lo è affatto, e solo una società in cui i bambini impareranno sin da piccoli a “litigare bene” sarà una società più sicura.
La dott.ssa Ilaria Marchetti ha introdotto la conferenza parlando in qualità di mediatrice familiare, quotidianamente a contatto con la portata dilaniante dei conflitti lasciati a sè stessi; è proprio l’esperienza a farle ritenere che uno dei più grandi diritti negati al mondo dell’infanzia sia attualmente quello al litigio. Da mamma invece la dott.ssa Marchetti ha riferito cosa dice la sua bambina di sei anni a proposito di una certa panchina rossa della Casa dei Bambini Il Sassolino: è un posto dove “si impara a fare pace per tornare in fretta a giocare”. Un luogo bello, un luogo dove si curano i legami. La panchina rossa della Casa dei Bambini di Roè Volciano è stata una delle ‘soluzioni creative’ che le maestre hanno elaborato grazie ai seminari seguiti a Piacenza presso il Centro Psicopedagogico per la Pace e la gestione dei conflitti.
Daniele Novara ha iniziato il suo intervento ricordando Renilde Montessori, recentemente scomparsa; grazie a quell’incontro ebbe modo di conoscere meglio il pensiero dell’illustre nonna e da allora è convinto che l’Italia meriterebbe una maggiore diffusione delle idee di Maria Montessori, e che i genitori potrebbero trovare in esse un aiuto ancor più valido di quello che viene offerto loro da tanti sedicenti personaggi televisivi.
Come mai, si interroga tuttavia Novara, Maria Montessori nelle sue opere ha dedicato poco spazio al tema dei conflitti e dei litigi? La risposta si annida nell’evoluzione del contesto socio-familiare: i bambini di un secolo fa crescevano nel timore dell’autorità, a partire da quella paterna, mentre i nostri bambini vivono in una condizione opposta e, di conseguenza, è legittimo per famiglie ed insegnanti lavorare sui nuovi problemi che il diverso contesto comporta, cercando strumenti nuovi.
In famiglia Daniele Novara invita i padri a liberarsi della penosa eredità storica, fatta di durezze e distanze emotive, senza cadere nella deriva opposta del padre-peluche. A scuola incoraggia le insegnanti alle prese con le liti fra allievi ad osservarle con sguardo nuovo, liberandosi dalle sovrapposizioni autobiografiche che i conflitti inevitabilmente scatenano, rimescolando i vissuti personali. Un aiuto in questo senso può venire da alcuni accorgimenti metodologici che, proprio come accade nella pedagogia montessoriana, si sostituiscono alle contorsioni emotive degli adulti per favorire ciò che conta davvero: il lavoro autonomo dei bambini, sia quando manipolano oggetti, sia quando intessono rapporti tra di loro.
Bando ai vissuti personali e ai retaggi delle pedagogie della colpa; dobbiamo finalmente riconoscere ciò che ormai anche le più recenti ricerche confermano, e cioè che i bambini hanno una loro competenza nell’uso della comunicazione durante i contrasti e possono esercitarla solo se gli adulti non intervengono a sproposito con il solo pensiero di sedare gli animi.
Una sana conflittualità va al contrario lasciata libera di esprimersi: litigare bene fin da piccoli serve per tutta la vita, perchè aiuta a sviluppare la capacità di contestualizzarsi, di non vedere le cose solo dal proprio punto di vista (capacità di decentramento), di attivare processi creativi per uscire integri da una situazione spiacevole (capacità creativo-divergente della rinuncia attiva) e, soprattutto, di imparare ad usare le parole per trovare un accordo. Le parole servono per litigare senza farsi male, e più si impara precocemente ad usarle bene, meglio si farà tesoro di questa abilità nel corso della vita.
In concreto Daniele Novara ha indicato i quattro dispositivi pedagogici del suo metodo, che l’adulto può utilizzare quando scoppia una zuffa:
1. Evitare la ricerca del colpevole
La figura dell’adulto che si erge a giudice provoca solo il ripetuto perseguimento della ragione ad ogni litigio, e distrae i contendenti dalla ricerca della soluzione.
2. Non imporre la soluzione
Il litigio è dei bambini, non dell’adulto, che deve avere più fiducia nelle innate competenze cooperative della nostra specie.
3. Favorire la versione reciproca del litigio
Poter parlare delle ingiustizie ricevute o dei torti subiti favorisce una sana decantazione emotiva.
4. Favorire l’accordo creato dai litiganti
Di nuovo: il problema è dei bambini e sono loro che devono chiarirsi. La mente dei bambini compie percorsi diversi rispetto a quella degli adulti: non conosce rancori duraturi e vendetta, ed è ancora immune dal narcisismo che fa percepire come sconfitto o perdente chi è più disponibile a compromessi.
Grazie a Daniele Novara per aver accolto il nostro invito; siamo sicuri che i suoi spunti conditi di ironia hanno raggiunto il cuore dei tanti genitori ed insegnanti presenti…
© Annalisa Moreni | Associazione Il Sassolino 2012